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MONUMENTO ALLA NEVIERA "Tributo di dolore bianco"

Installazione site-specific / cardi, bicarbonato, cera, glitter / Dimensioni complessive d’ambiente.​ ON_THE_SPOT//ANOMALIE. Installazioni d'arte contemporanea site-specific, a cura di Michele Gentili e dell'Associazione culturale McZee.
Parco dell'ex manicomio Santa Croce, Macerata. Dal 2 al 17 settembre 2017.

 

 

Il Cardo Selvatico è una pianta del limite. La sua più interessante peculiarità è la capacità innata di nascere e svilupparsi in grembi di terra impervi, luoghi interstiziali e difficili, come: bordi delle strade, prossimità di fossati e vallate ecc ... Il cardo è una pianta forte, resiste a ambienti dalle condizioni più disparate. Proprio per queste sue caratteristiche viene associato alla solitudine e all’isolamento.

 

Questa pianta è collegata inoltre a numerosi miti e varie storie antiche italiane e non; una delle più interessanti riguarda le sue origini e ci spiega perché il cardo sia così incredibilmente spinoso, ricoperto dalle escrescenze acuminate dalla base sino al fiore. Il mito racconta che la terra, dopo avere accolto dentro di sè le lacrime ricolme di disperazione di alcuni dei, abbia poi generato e donato l’esistenza alla bellissima e dolorosa pianta del cardo (vedi mito della morte del pastore Dafni).
 

Nell’installazione il grande mazzo funerario si presenta come cristallizzato, eternato non nella pietra ma ricoperto e conservato da un manto di ghiaccio e di neve (il bianco vuole sottolineare e ricordare formalmente, la storia e la funzione di questo luogo all’interno del manicomio -una neviera- che era il mezzo per potere attuare le così dette idroterapie, che consistevano in dei bagni freddi, trattamenti a cui si costringevano i pazienti per indurre in essi degli shock termici).
 

Questa sorta di stele vegetale si lega ad una delle più antiche tradizioni funerarie, il dono dei fiori e la copertura della tomba o del defunto tramite essi o il loro polline. Il tributo floreale o di ciò che è bello e appartiene alla natura, è uno dei più grandi universali antropologici esistenti, infatti la prima traccia di questa tradizione risale a ben 13.000 anni fa. La scultura/monumento si pone come azione attraverso la quale caricare l’attenzione nei confronti della morte apparente (ad oggi) di un luogo che è stato nel suo passato remoto fortemente vivo e funzionale. Il cardo è stato scelto come protagonista del tributo a questo luogo perché incarna perfettamente l’idea della raccolta e della nascita isolata del dolore, e della sofferenza assunta come stato di esistenza, come lo era la vita -al limite- degli internati quindi perfettamente rispondente anche alle dinamiche storiche del luogo e della sua caduta in oblio.
L'omaggio tombale incarna ciò che nel corpo, cioè nella parte fisica, è morto, perduto ma che spiritualmente e idealmente non può e non deve essere dimenticato. La presenza al di sopra della neviera del grande mazzo spinoso incalza sul “qui ed ora” del luogo di cui momentaneamente sarà il guardiano. La sua richiesta di attenzione può essere sia celebrativa, cioè rivolta alla memoria storica e alla funzione perduta, o può essere l’innesco di un’azione di conoscenza storica e coscienza presente.

 

Il cardo selvatico è una tenera trappola visiva che ci racconta solo una delle numerose storie ferite e superficialmente distrutte, esistenti entro i limiti delle mura del manicomio. A parte tutto la neviera è ancora tra noi e porta ancora con sé la sua dose di dolore e meraviglia, ambiguo binomio, che solo un posto come questo può saldamente contenere.

 

                                                                                                                                                                           

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